La musica di Bach nel cinema di Pier Paolo Pasolini. Echi nella critica coeva
Roberto Calabretto
Edizioni Fondazione Levi, Venezia 2021.
Pier Paolo Pasolini impiegò la musica di Bach come colonna sonora di alcuni suoi importanti film, tra i quali “Accattone” (1961), “Il Vangelo secondo Matteo” (1964), “Sopralluoghi in Palestina per Il Vangelo secondo Matteo”(1963-64), “Appunti per un film sull’India” (1968), “Sequenza del fiore di carta” (1968) e il grande quanto dibattuto “Salò o le 120 giornate di Sodoma” (1975). PPP definisce la musica come «l’unica azione espressiva forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà».
Tra il 1944 e il ‘45 Pasolini aveva scritto degli “Studi sullo stile di Bach” nei quali affrontava alcune importanti questioni di natura estetica. Il regista, poeta e intellettuale bolognese aveva iniziato ad amare la musica di Bach da ragazzino, mentre era sfollato a Casarsa. Chiedeva spesso alla violinista Pina Kalk (Dina di “Atti impuri”) di eseguire per lui pagine dalle Sonate e Partite per violino solo. In particolare, Pasolini amava la Siciliana della Sonata n. 1 BWV 1001.
Roberto Calabretto è autore di più di dieci contributi scientifici sul ruolo della musica nei film di Pasolini e di una importante monografia. Ha appena dato alle stampe un nuovo contributo di un centinaio di pagine in cui si fa il punto complessivo sul rapporto tra Pasolini e la musica di Bach: nel dettaglio, vi si discute l’attenzione che la critica musicale e cinematografica ha dedicato a tale binomio, e si riflette su come Pasolini si sia man mano relazionato alle considerazioni della critica stessa.
Calabretto coordina il gruppo di ricerca sulla Critica musicale e la musica per Film della Fondazione Ugo e Olga Levi di Venezia (del quale è direttore scientifico), che ha presentato un interessante panel durante il Convegno “Bach e l’Italia”, e i cui risultati saranno presto pubblicati in un volume a cura di JSBach.it