Corale
Oggi, nell’immaginario più comune, per corale s’intende l’armonizzazione a quattro voci di una melodia, tuttavia esso nacque come forma monodica vocale della Chiesa luterana. Fu infatti Martin Lutero a introdurlo nella sua Chiesa riformata: nell’intento di modernizzare la pratica liturgica e di rafforzare la partecipazione della comunità, egli stabilì innanzitutto che i canti fossero in tedesco e non in latino, affinché tutta l’assemblea potesse comprenderli e intonarli.
Tratti prevalentemente dalle Sacre Scritture, i testi dei corali luterani veicolano il messaggio religioso con parole molto semplici. In ampia parte, le musiche provengono dalla tradizione cattolica: Lutero semplificò il canto monodico cristiano e ne intensificò l’aspetto ritmico. Altre melodie sono tratte dal repertorio popolare, altre ancora furono concepite da Lutero medesimo.
Data la tradizione tedesca del canto polifonico, i corali di Lutero vennero ben presto armonizzati a più parti – spesso quattro – e cantati in forma di inni durante le funzioni religiose. J. S. Bach armonizzò ben 371 di queste antiche melodie. Il corale rappresentò anche il materiale di partenza per forme musicali più ampie e complesse. Si pensi ai preludi e alle fantasie su corale per organo, dove gli elementi tematici vengono parafrasati e costituiscono la base per l’improvvisazione. Bach avviò queste elaborazioni a Weimar, dove lavorò alla raccolta dell’Orgelbüchlein (BWV 599-644), che include 46 preludi-corali, ma fu un lavoro che lo accompagnò per tutta la vita. A Lipsia, infatti, compose i preludi-corali della terza parte della Clavierübung (BWV 669-689) e i 21 preludi-corali di Kirnberger (BWV 690-713). Il corale luterano, inoltre, trovò largo spazio nelle cantate e nelle Passioni, in cui compare sia nella forma più semplice (omoritmica, a quattro parti), sia nelle arie solistiche, sia in articolate elaborazioni contrappuntistico-concertanti.
Riccardo Mussato
